Anna Piaggi: addio alla Regina della moda
Piccola di statura, gigantesca per stile: è scomparsa oggi, a 81 anni, Anna Piaggi, giornalista di moda, una delle voci più importanti di tutto il fashion system internazionale. Descriverla è impossibile, riconoscerla facilissimo: a prima vista, tutti la scambiavano per un'iperbole, un incidente dell'estetica capace di far collidere tutte le mode possibili e immaginabili.
d.repubblica
Anna Piaggi nasce a Milano nel 1931, inizia a lavorare come traduttrice presso la casa editrice Mondadori e diventa giornalista di moda nei primi anni Sessanta.
Il mestiere è agli albori, il Made in Italy è un sogno ancora tutto da sognare. Diventa fashion-editor di Arianna, il primo periodico femminile che farà da apripista a tutti gli altri a venire. Ha un gusto moderno, irriverente, iconoclasta: insieme al marito Alfa Castaldi, uno dei fotografi italiani più importanti, e con la collega Anna Riva getta le basi di un mestiere, la redattrice di moda, che ancor oggi deve molto, quasi tutto a lei.
Nel '70 arriva a Vogue; dall'81 all'84 studia il progetto di Vanity Fair; nell'88 inaugura le "doppie pagine" su Vogue Italia; a fine anni Ottanta è opinionista prima per Panorama e poi per L'Espresso, periodo in cui lo stilista Karl Lagerfeld le dedica un libro, tuttora in circolazione, "Anna Chronique".
La sua grandezza, però, non si limita alla professione giornalistica. Nel tempo libero, Anna colleziona di tutto, specie nei numerosi viaggi, e inventa il concetto di vintage quando ancora nessuno s'immaginava di comprare e indossare abiti usati. Ha il gusto della provocazione e il senso dello humor in un momento in cui il mondo della moda si fa serio e pone le basi del successo di oggi: forse anche per questo gli stilisti la vogliono come consulente, come musa, come occhio critico.
Col passare degli anni, il confine che separa le sue idee dal suo corpo si annulla: per questo, come una sfida, inizia a indossare tutto quello che le passa letteralmente per la testa. Cappelli, velette, tende, copridivani, tessuti, oggetti di design, chili di trucco e quintali di immaginazione. Il suo scopo è fermare l'attimo, non il tempo: le rughe non la interessano, non la scalfiscono. La chirurgia estetica, per lei, è un atto d'orgoglio dell'intelligenza, una volontà ferma di rappresentare la cultura, lo spirito del tempo e più in generale il contemporaneo con quell'artificio umano che passa sotto il nome di abito.
Dagli anni Novanta fino a oggi, non c'è sfilata che inizi senza Anna Piaggi in prima fila. E poco importa se il diavolo che vesta Prada è un'altra Anna, la temuta Wintour: a lei resta lo scettro della follia che diventa saggezza, dell'idea che si trasforma in stile.
Con lei se ne va un mondo che non esiste più, soprattutto sparisce quell'ingranaggio del fashion system che è paragonabile ai microscopici diamanti che fanno girare tutte le parti di un orologio. Il suo contributo geniale al sistema moda è parte integrante del successo finanziario a doppia, tripla cifra che è oggi sotto gli occhi di tutti.
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